sabato 4 maggio 2024

Haaretz: “Hamas ha accettato l’accordo per un cessate il fuoco a Gaza”. Ma Benny Gantz frena: “Nessuna risposta dagli islamisti”

@ - Nonostante Israele non perda l’occasione di ricordare che, in caso di accordo, l’offensiva di terra su Rafah è solo rimandata, secondo quanto riporta il quotidiano israeliano Haaretz Hamas ha accettato le condizioni poste da Tel Aviv e dai mediatori per arrivare a un cessate il fuoco a Gaza.


La notizia arriva in un momento in cui le speranze di un’intesa stavano di nuovo scemando, dopo che funzionari israeliani avevano fatto sapere che l’obiettivo finale dello ‘Stato ebraico‘ rimaneva quello di invadere la città all’estremo sud della Striscia per eliminare definitivamente i vertici del partito armato palestinese. “Contrariamente a quanto riportato, Israele non accetterà in nessun caso la fine della guerra come parte di un accordo per il rilascio dei nostri ostaggi – aveva detto la fonte al Times of Israel – Come deciso dai vertici politici, l’Idf entrerà a Rafah e distruggerà i rimanenti battaglioni di Hamas lì con o senza una tregua temporanea per consentire il rilascio dei nostri ostaggi”. Non è un caso, quindi, che contemporaneamente all’indiscrezione di Haaretz il membro del gabinetto di guerra, Benny Gantz, abbia suggerito a tutti di “attendere aggiornamenti ufficiali, che stiano calmi e non cadano nell’isteria”.

La notizia diffusa da Haaretz, però, ridà attendibilità alle indiscrezioni pubblicate dai media egiziani sui “progressi” nei colloqui. “Ci sono progressi significativi” nei negoziati sulla proposta di cessate il fuoco e liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas a Gaza, con la garanzia degli Stati Uniti di un completo ritiro delle forze dello ‘Stato ebraico’ dalla Striscia, avevano fatto sapere sabato mattina alcuni media egiziani e israeliani secondo i quali i mediatori hanno “raggiunto una formula concordata sulla maggior parte dei punti controversi”. Ricostruzione che era stata prontamente smentita dal funzionario sentito dal Times of Israel e che Haaretz, invece, rilancia: da quanto si legge, Hamas ha ricevuto la garanzia dagli ufficiali americani che Israele lascerà la Striscia.

Secondo l’israeliana Channel 12, la prima fase dell’accordo prevede il rilascio degli ostaggi in cambio di garanzie Usa su un completo ritiro di Israele da Gaza in 124 giorni: assicurazioni che sono arrivate ai rappresentanti del partito armato tramite i mediatori egiziani e qatarini. L’accordo dovrebbe prevedere la promessa, sostenuta dagli Stati Uniti, che Israele non avrebbe avviato la prevista operazione a Rafah. Nello specifico, durante la prima fase – di durata fino a quaranta giorni – 33 ostaggi ancora a Gaza sarebbero stati rilasciati e l’esercito israeliano si sarebbe dovuto ritirare da parte della Striscia. Nella seconda fase, che si estenderebbe fino a 42 giorni, verrebbero rilasciati tutti gli altri ostaggi ancora in vita e le parti si accorderebbero sulle condizioni di un ritorno alla calma a Gaza. Durerebbe 42 giorni anche la terza e ultima fase, dedicata alla consegna dei corpi senza vita. Nel quadro dell’intesa è previsto inoltre il rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi.

venerdì 3 maggio 2024

Covid, il vaccino anti-covid non era uguale per tutti: lo studio che rivela le reazioni al virus

@ - La risposta al vaccino contro Covid-19 non è univoca ma individuale, influenzata dalle caratteristiche genetiche di ognuno. 

Covid, il vaccino anti-covid non era uguale per tutti: 
lo studio che rivela le reazioni al virus© Ansa
Lo rivela uno studio condotto da un gruppo di ricercatori della Fondazione Irccs Istituto neurologico «Carlo Besta» (Fincb), dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs, dell'azienda ospedaliera Senese e della Fondazione Irccs Casa sollievo della sofferenza che, guidati dall'Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche di Segrate (Cnr-Itb), ha unito le proprie forze per studiare le basi genetiche delle differenze interindividuali nella risposta anticorpale alla vaccinazione anti-Covid-19 con il vaccino Bnt162b2 (Pfizer-Biontech).

Lo studio ha mostrato come alcuni soggetti con determinate varianti genetiche nei geni del complesso maggiore di istocompatibilità (proprietà delle cellule di un tessuto di essere riconosciute come proprie da parte dell'organismo e non essere quindi eliminate dal sistema immunitario), coinvolto nei principali meccanismi di difesa del nostro sistema immunitario, producevano differenti quantità di anticorpi diretti contro l'antigene del coronavirus Sars-CoV-2. Lo studio è disponibile in open access su “Communications Medicine”.

I ricercatori hanno valutando la correlazione tra milioni di varianti genetiche germinali e i livelli anticorpali nel siero di soggetti vaccinati contro il Covid-19, a 30 giorni di distanza dalla vaccinazione. Infatti, sin dall'inizio della campagna vaccinale si era osservata una differenza sostanziale nelle quantità di anticorpi prodotti dai soggetti vaccinati. «Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale», spiega Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb, che ha guidato la ricerca.

«Il nostro studio ha coinvolto 1.351 soggetti, (operatori sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021, nei tre centri ospedalieri coinvolti nello studio) ai quali è stato prelevato un campione di sangue per l'estrazione del Dna e di siero per la misurazione degli anticorpi anti-Sars-CoV-2 dopo un mese dalla somministrazione della seconda dose del vaccino Pfizer-Biontech».

«Con le analisi statistiche effettuate abbiamo scoperto che una particolare regione del genoma, sul cromosoma 6, era significativamente associata ai livelli anticorpali - prosegue Martina Esposito, primo autore dello studio e assegnista di ricerca presso il Cnr-Itb - In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria. Questi geni sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi, spiegando quindi dal punto di vista genetico le differenze nella risposta alla vaccinazione osservate tra individui diversi».

«I modelli matematici usati e le analisi statistiche effettuate per arrivare a questi risultati sono molto complessi perché complessa è l'interazione tra i geni e dei geni stessi con il vaccino. L'expertise maturata negli studi genetici in molti anni di ricerca condotta a Casa Sollievo della Sofferenza ci ha permesso di gestire tale complessità nei dati, contribuendo a giungere a questi importanti risultati», sottolinea Massimiliano Copetti, responsabile Biostatistica della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza.

«L'identificazione di specifici alleli Hla che conferiscono una predisposizione ad un'alta o bassa produzione di anticorpi dopo la somministrazione del vaccino anti-Covid ci può permettere ora di differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili. Questo approccio può essere esteso anche ad altri vaccini ideati contro altre malattie, nell'ottica di una vaccinazione di precisione supportata dalla vaccinogenomica», afferma Massimo Carella, biologo genetista e vice-direttore scientifico della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza. La ricerca è stata finanziata dell'Istituto Buddista italiano Soka Gakkai.

giovedì 2 maggio 2024

martedì 30 aprile 2024

L'energia atomica made in Russia in Africa, la nuova influenza russa nel continente africano

 @ - L'energia atomica made in Russia in Africa, la nuova influenza russa nel continente africano

L'espansione dell'influenza russa nel settore energetico in Africa attraverso accordi
 per la costruzione di centrali nucleari.

Russia e Rosatom in Africa
La Russia, attraverso la sua azienda statale di energia nucleare Rosatom, sta siglando accordi con vari paesi africani per la costruzione di centrali nucleari. Alcuni degli accordi includono il progetto di una centrale nucleare galleggiante in Sud Africa, un'importante collaborazione con l'Algeria per la tecnologia nucleare nel settore medico e l'avvio della costruzione di una centrale nucleare in Burkina Faso. Inoltre, la Russia ha stabilito contatti con altri paesi africani come Mali, Burundi, Nigeria, Tanzania, Rwanda e Zimbabwe.

Rischi dell'influenza russa
L'influenza russa suscita preoccupazioni principlaymente per due aspetti. Innanzitutto, l'aspetto politico, in quanto un'ampia presenza russa nel settore energetico può portare a una maggiore influenza politica della Russia nei paesi che hanno siglato accordi con Rosatom. In secondo luogo, c'è il rischio legato alla dipendenza da tecnologia russa per infrastrutture critiche come le centrali nucleari. Questa dipendenza può esporre i paesi africani a potenziali pressioni politiche o economiche da parte della Russia.

Considerazioni sui rischi della collaborazione energetica con la Russia
Le implicazioni di una collaborazione energetica con la Russia devono essere valutate attentamente. Anche se l'energia atomica può essere un'importante fonte di energia pulita e affidabile, la dipendenza dalla tecnologia russa può comportare rischi significativi per la sicurezza e per l'indipendenza energetica dei paesi africani. Inoltre, l'influenza politica della Russia potrebbe generare complicazioni nelle dinamiche geopolitiche regionali.
Altre alternative

Al fine di mitigare i rischi legati alla dipendenza dalla tecnologia russa, i paesi africani potrebbero considerare alternative come l'investimento in energie rinnovabili o cercare collaborazioni con altri partner internazionali nel settore dell'energia nucleare.

Link per ulteriori approfondimenti:






In conclusione, mentre la collaborazione con la Russia nel settore nucleare potrebbe portare a benefici economici e energetici, è essenziale valutare attentamente i rischi connessi e considerare alternative per garantire una gestione sostenibile e sicura delle risorse energetiche in Africa.

Cristiano Volpi

La newsletter di Africa24.it

giovedì 25 aprile 2024

DALLA VALLE DEL TEVERE VERSO ROMA - IL CAMMINO di SANTA SILVIA


                               Ponzano Romano - La Valle del Tevere

 "Religiosi e Laici chiamati a camminare insieme con e per le Istituzioni"……….

 OGGI NELL’80° ANNIVERSARIO DALLA SOTTOSCRIZIONE DEL “CODICE di CAMALDOLI”, PUBBLICHIAMO NELL’ALLEGATO “A”, LA SINTESI DELLA PROPOSTA CONGIUNTA DELLE SEGUENTI COMUNITA’ RELIGIOSE DEL I° Municipio di Roma: BENEDETTINI, PASSIONISTI E SALESIANI DEL COLLE CELIO, PER LA PROMOZIONE E LO SVILUPPO DEL PROGETTO RIFERITO AL “CAMMINO DI SANTA SILVIA(madre di Papa Gregorio Magno), AVENTE PER OBIETTIVO ISTITUZIONALE LA CREAZIONE E LA CONDIVISIONE DI: “UN MODELLO FORMATIVO OCCUPAZIONALE Patrimoniale Ambientale Territoriale REPLICABILE”, QUALE COLLEGAMENTO DELLA “VALLE DEL TEVERE AL PARCO ARCHEOLOGICO RELIGIOSO DEL CELIO IN ROMA”.

 A FRONTE DELLE SEGUENTI DOMANDE SU UN FATTO ED UN ARGOMENTO CHE HA CONDIZIONATO IL NOSTRO PASSATO:

Quali furono le principali premesse, motivazioni, condizioni ed obiettivi nel luglio del 1943 per la promozione del CODICE DI CAMALDOLI tra le parti religiose, laiche, sociali e politiche per il futuro italiano per la preparazione e stesura del quale parteciparono un gruppo di intellettuali di diverse discipline e provenienze, accomunati da una profonda fede cattolica e da un forte impegno civile.

SUL CODICE DI CAMALDOLI OGGI OTTENIAMO LE SEGUENTI RISPOSTE, PER LA VALUTAZIONE DELLE PREMESSE, MOTIVAZIONI, CONDIZIONI ED OBIETTIVI RAGGIUNTI:

Il Codice di Camaldoli, redatto nel luglio del 1943 da un gruppo di intellettuali cattolici, rappresenta un documento programmatico di grande rilevanza storica per il futuro dell'Italia. Per comprendere a fondo le sue origini e il suo impatto, è necessario approfondire le premesse, le motivazioni, le condizioni e gli obiettivi che ne hanno favorito la stesura.

Premesse e Motivazioni:

  • Crisi del Fascismo e Secondo Conflitto Mondiale: Il Codice di Camaldoli nasce in un contesto storico segnato dalla caduta del regime fascista e dall'orrore della Seconda Guerra Mondiale. L'Italia si trovava ad affrontare una profonda crisi morale, politica, sociale ed economica, necessitando di una nuova visione per il futuro.
  • Dottrina Sociale Cattolica: I principi ispiratori del Codice affondano le loro radici nella Dottrina Sociale Cattolica, sviluppatasi nel corso del XIX e XX secolo. Essa offriva un'alternativa al capitalismo liberista e al collettivismo statale, proponendo un modello di società basato sulla giustizia sociale, la solidarietà e la sussidiarietà.
  • Ricerca di un'unità nazionale: Tra i promotori del Codice vi era il desiderio di superare le divisioni ideologiche e sociali che avevano lacerato l'Italia durante il fascismo e la guerra. Si auspicava la costruzione di una nuova comunità nazionale fondata su valori condivisi e sul rispetto reciproco.

Condizioni e Obiettivi:

  • Segretezza e Incertezza del Periodo: Il Codice di Camaldoli fu elaborato in gran segreto, a causa del clima repressivo imposto dalla Repubblica Sociale Italiana. I suoi redattori dovettero operare con cautela, consapevoli dei rischi a cui si esponevano.
  • Riflessione sul futuro dell'Italia: Nonostante le difficoltà, il gruppo di Camaldoli si impegnò in una profonda riflessione sul futuro dell'Italia. Il Codice rappresenta il tentativo di delineare un modello di società più giusta, libera e prospera, basato sui principi cristiani e capace di rispondere alle esigenze del tempo.
  • Influenza sulla Costituzione Italiana: Il Codice di Camaldoli ebbe un'influenza significativa sulla stesura della Costituzione Italiana del 1947. Diversi principi e valori espressi nel Codice si ritrovarono poi nella Carta Costituzionale, contribuendo a definirne il carattere democratico e sociale.

I Collaboratori:

Il Codice di Camaldoli fu il frutto del lavoro di un gruppo di intellettuali di diverse discipline e provenienze, accomunati da una profonda fede cattolica e da un forte impegno civile. Tra i principali collaboratori ricordiamo:

·       Adriano Bernareggi, arcivescovo, docente di diritto ecclesiastico;

·       Vittorino Veronese, segretario generale dell'Istituto cattolico attività sociali (Icas);

·       Sergio Paronetto, economista;

·       Pasquale Saraceno, economista;

·       Ezio Vanoni, economista e tributarista;

·       Mario Ferrari Aggradi, economista;

·       Guido Gonella, giornalista;

·       Giuseppe Capograssi, docente di filosofia del diritto a Napoli;

·       Gesualdo Nosengo (1906-1968), educatore e pedagogista;

·       Ferruccio Pergolesi, docente di diritto costituzionale a Bologna;

·       Paolo Emilio Taviani, docente di demografia a Genova;

·       Vittore Branca, filologo e critico letterario;

·       Giorgio La Pira, docente di diritto romano a Firenze;

·       Aldo Moro, giurista;

·       Giulio Andreotti, giornalista;

·       Giuseppe Medici, docente di economia e di politica agraria a Torino

martedì 16 aprile 2024

Piano Mattei, una piattaforma di dialogo e ascolto

@ - La lettura dei commenti a proposito del Piano Mattei presentato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in occasione del Vertice Italia-Africa mi induce ad alcune riflessioni. Parto da un presupposto: il Piano non è stato presentato come un insieme di progetti e programmi ma piuttosto come una “piattaforma” fatta per ricevere le indicazioni di priorità che i Paesi africani formuleranno. Una piattaforma di dialogo e di ascolto per la futura cooperazione italiana.

di: Paolo Sannella | 2 Aprile 2024

Se questa mia lettura delle parole della presidente Meloni è corretta, non bisognerebbe stupirsi del fatto che il Piano non enumera progetti nuovi da sviluppare (anche se ricorda quelli già in corso e che certamente non saranno abbandonati). Il Piano introduce piuttosto un cambiamento, una vera rivoluzione, non soltanto nel modus operandi della cooperazione internazionale allo sviluppo ma nei rapporti politici, culturali ed economici dell’Italia con l’Africa. Una interpretazione, la mia, che mi sembra confortata dalla notizia dell’incontro della presidente Meloni con gli ambasciatori africani accreditati in Italia proprio per recepire indicazioni e suggerimenti e per segnalare allo stesso tempo le nostre priorità e osservazioni. Una modalità dialogante per costruire insieme strategie e iniziative. Altrettanto importante notare che la presentazione del programma italiano sia avvenuta in presenza delle istituzioni europee rappresentate dai tre massimi dirigenti, quasi a voler dire che il Piano Mattei costituisce il contributo politico e metodologico italiano che sollecita allo stesso tempo la collaborazione e l’impegno europeo per la sua realizzazione.

A quanti che come me hanno vissuto per molti anni esperienze molteplici di cooperazione, operando sul campo in Africa e nei diversi centri decisionali romani, non sfuggiva l’insoddisfazione di molti interlocutori africani per l’approccio adottato per i nostri progetti di cooperazione. Da un lato, riconoscevamo la necessità di agire in “partenariato” attuando sempre e soltanto interventi promossi e richiesti dai “beneficiari”, dall’altro prestavamo poca attenzione alle esigenze locali intese nel modo più ampio e comprensivo. Si dava spesso l’impressione di leggere con difficoltà i bisogni locali effettivi e di incontrare ancora maggiori difficoltà a rispettare quanto suggerito dalle culture e dalle identità locali. In occasione di un memorabile incontro all’Università di Pavia numerosi anni fa, il professor Calchi Novati ricordò l’obiettiva limitazione dell’applicazione del concetto di “partenariatoin un rapporto che vede contrapposti – a parte ogni altro diverso atteggiamento – chi ha a chi non ha, chi dà a colui che riceve. Il tutto condito assai spesso dall’atteggiamento di chi veste i panni del primo della classe chiamato a dar lezione agli altri.

La proposta del governo italiano sembra voler modificare questa situazione. Se restano liberi gli operatori privati di offrire agli acquirenti locali le loro merci o i loro servizi come credono, la richiesta di interventi di sviluppo (quali ad esempio quelli per la creazione e la gestione delle infrastrutture di trasporto e di comunicazione, quelli per investimenti nei settori dell’energia, dell’acqua e dell’ambiente, così come quelli nel campo della formazione e della ricerca) dovrebbe essere formulata in sintonia, aderenza e conformità alle esigenze locali e alle loro culture e priorità. In attesa che tutto questo avvenga, il Piano resta vuoto ma pronto ad affermare nuove e più avanzate e genuine collaborazioni.

Il problema è passare dalle parole ai fatti, dalla enunciazione di principi alla loro applicazione pratica. Non dovremo – mi sembra voglia dire la presidente Meloni – andare in Africa con il paniere pieno dei nostri progetti ma con l’atteggiamento di chi vuol capire e sa ascoltare. Soltanto dopo questa fase di attenzione potremo insieme scegliere le soluzioni adatte a rispondere ai loro bisogni utilizzando le nostre risorse più adatte.

Se passiamo dal campo della cooperazione allo sviluppo a quello della collaborazione politica e culturale, il passaggio che ci viene suggerito mi sembra ancora più significativo e interessante: non le nostre verità e i nostri valori, ma quelli che meglio si adattano alla reciproca comprensione e alla comune ricerca degli strumenti per l’attuazione di una fruttuosa e pacifica convivenza. Ed è forse questo il contributo che il nostro Paese sembra voler dare anche in occasione dei lavori del prossimo G7 a conduzione italiana nel cui programma figura l’esigenza imprescindibile di nuove forme di collaborazione con i Paesi del continente africano.

sabato 13 aprile 2024

Le buone abitudini che possono allungare la vita

@ - Siamo una società che sta rapidamente invecchiando a causa della sproporzione fra la mortalità (circa 650.000 decessi l’anno) e la natalità (circa 380.000 nati all’anno), mentre la durata di vita è aumentata arrivando a circa a 81 anni per i maschi e 85 per le femmine.

Le buone abitudini che possono allungare la vita© Fornito da Avvenire

Abbiamo circa 1 milione di novantenni, ma solo 22.000 centenari e 17 persone che hanno raggiunto i 110 anni. A fronte di questa situazione va sottolineato che, se osserviamo ciò che dovrebbe interessarci di più, cioè la durata di vita sana, scendiamo molto in basso nella graduatoria internazionale.

La ragione della differenza fra durata di vita totale e durata di vita sana dipende dalla presenza di malattie, spesso più di una, nello stesso soggetto. Diventa, quindi, urgente, nel nostro Paese, aumentare la durata di vita sana, obiettivo che si può raggiungere attraverso l’applicazione delle cosiddette buone abitudini di vita. Tutti sappiamo quali siano, ma poi non le applichiamo, adducendo molto spesso una serie di alibi: “Comincerò a migliorare la mia alimentazione la prossima settimana”; “Il mio medico fuma, quindi vuol dire che non fa così male”; “inutile avere buone abitudini di vita dato l’inquinamento”; “mangio quel che voglio, tanto posso ricorrere a un integratore alimentare”.

Le buone abitudini di vita offrono, invece, una probabilità sempre più alta di vita sana, quanto più le si osservano tutte, con il risultato di ridurre l’accesso ai medici e ai farmaci, con il vantaggio di liberare il Servizio sanitario nazionale da prestazioni aggiuntive. Val la pena, al riguardo, di fare un elenco delle buone abitudini di vita per caratterizzarne i vantaggi. Evitare il fumo è fondamentale, considerando che le sigarette rappresentano un fattore di rischio per ben 27 malattie, inclusi vari tipi di tumore. Conosciamo il rapporto fra tabacco e tumore del polmone, ma sono molti i tumori influenzati dal fumo, inclusi quello della vescica e del seno, come pure dipende dal fumo l’infarto cardiaco, l’ictus cerebrale nonché la cataratta, l’artrite reumatoide e altre forme di artriti. Il tabacco rappresenta anche un danno non solo per chi lo consuma ma anche, in modo indiretto, per le persone che sono ricevono il fumo passivo.

Si dovrebbero aumentare ancora le proibizioni per il fumo nei parchi, dove ci sono spesso i bambini, nei luoghi dove si attendono mezzi di trasporto, sulle spiagge, e così via. Una modalità per diminuire l’uso del tabacco è certamente data dall’aumentare il prezzo delle sigarette: in Italia è di circa 5 euro, mentre in Inghilterra è di circa 10 sterline ed in Francia è recentemente aumentato a 14 euro. Lo Stato italiano teme di perdere i 14 miliardi che ricava dalle tasse, ma è molto miope considerando le enormi spese che derivano dalle malattie indotte dal fumo.

Non solo, il fumo ha anche una grande influenza sull’ambiente perché, la coltivazione del tabacco sottrae, in Italia, circa 14mila ettari alla forestazione, che sarebbe importante per mantenere una buona depurazione dell’atmosfera. Si tenga inoltre conto del fatto che ogni anno si fumano circa 40 miliardi di sigarette, che emettono sostanze cancerogene e infiammatorie e che finiscono nell’atmosfera aumentando le cosiddette polveri fini. Inoltre, si depositano sul terreno enormi quantità di mozziconi, i cui prodotti tossici vanno a finire nell’acqua e nel cibo. Analogamente occorre evitare l’alcol, che recentemente è stato dichiarato cancerogeno dall’Organizzazione mondiale della sanità. Gli interessi economici in gioco, soprattutto nell’industria del vino, non permettono che succeda quanto deciso in Nuova Zelanda e in Australia, dove chi acquista una bottiglia trova scritto: «Questo prodotto può essere dannoso alla vostra salute». Astenersi dalle droghe è un’altra buona abitudine di vita, come pure astenersi dai giochi d’azzardo che possono essere alla base di problemi mentali e di suicidi.

Tutti sappiamo poi quanto sia importante l’alimentazione. In Italia, abbiamo la tradizione della dieta mediterranea, che consiste nel privilegiare vegetali e frutta, carboidrati complessi (pasta e riso) pesce, riducendo la quota di carni, in particolare quelle rosse, e grassi. Si può dire che la dieta deve essere varia per fornire tutti i micro e i macro nutrienti, ma moderata. Numerosi studi hanno dimostrato, dal topo alla scimmia, che la riduzione di circa il 30% della quantità di cibo che viene assunta determina un aumento della durata di vita di circa il 20 percento. Uno studio condotto nell’uomo, denominsto “CALORIE2”, ha valutato il risultato di una riduzione calorica del 25% per 2 anni, determinando effetti positivi quali la diminuzione del colesterolo, della pressione sistolica e diastolica con un miglioramento dell’indice di sensibilità all’insulina, nonché un aumento delle performance cognitive e una riduzione del metabolismo a riposo. Inoltre, mangiare poco esercita effetti antiinfiammatori.

L’attività fisica è pure molto importante, perché migliora lla funzione circolatoria e il consumo di calorie. In realtà bastano 40 minuti al giorno di corsa o camminata, facendo fatica. Esistono molte modalità di attività fisica: ognuno può scegliere ciò che è più adatto a sé. Tuttavia, è importante non rinunciare mai all’attività fisica perché, assieme alla corretta alimentazione, permette di mantenere il peso corporeo nella normalità evitando sovrappeso e obesità. Questa triade, alimentazione attività fisica e peso corporeo è la base per evitare il diabete di tipo 2, nonché i disturbi cognitivi che avvengono nella vecchiaia.

Il sonno, almeno 7 ore al giorno, è fondamentale, oltre che far riposare la muscolatura, anche per mantenere il cervello in buone condizioni. Infatti, il cervello è l’organo che ha il maggior metabolismo e produce scorie che non possono venite eliminate durante la giornata. Nella notte, la eliminazione delle scorie raddoppia. Ciò permette di evitare il permanere di sostanze che possono essere dannose per l’attività cerebrale. Fra le buone abitudini di vita, non bisogna dimenticare di mantenere rapporti sociali. Dobbiamo fare sì che con l’avanzare degli anni non ci si isoli; si deve continuare a essere propositivi, seguendo ad esempio attività di volontariato o gli hobby a cui si è affezionati.

Infine, è molto importante ricordare i determinanti socio-economici. Avere un basso livello di scolarità implica in generale bassi redditi e ciò determina scarsa attenzione alla salute perché l’obiettivo principale è arrivare alla fine del mese. Ciò tuttavia determina l’accesso a cibi industrializzati di basso costo e quindi ad una maggiore incidenza di obesità e di diabete. In generale, il vivere in periferia, in ambienti poveri, riduce la durata di vita. Un ultimo elemento da considerare è il ruolo che svolgono i servizi sanitari. Fanno parte della prevenzione le vaccinazioni, che spesso incontrano ostacoli nel nostro Paese, come pure la partecipazione agli screening per malattie croniche e per i tumori. Diagnosticare precocemente un tumore significa una maggiore probabilità di ottenere la guarigione dalla malattia, purtroppo soltanto il cinquanta percento degli italiani partecipa, ad esempio, allo screening proposto dalle Regioni per identificare il tumore del colon retto.

La descrizione delle buone abitudini dovrebbe essere compito dei medici di medicina generale per aiutare i pazienti a mantenere stili di vita salutari,. Per concludere, abbiamo bisogno di una grande rivoluzione culturale che metta al primo posto la prevenzione tra i compiti della medicina. Ciò richiede la realizzazione di una Scuola superiore di Sanità, dove formare i dirigenti, in modo che entrino nel Ssn con la preparazione adatta rispetto alla prevenzione. Non solo, abbiamo anche bisogno di far conoscere i problemi della salute nella scuola italiana, basterebbe un’ora la settimana, in tutti i gradi e livelli, per cominciare a cambiare la mentalità e, soprattutto, per far capire ai giovani che ciò che fanno oggi condizionerà la loro situazione di salute in futuro. Anche nelle scuole di medicina è oggi trascurato l’insegnamento dei principi che riguardano la prevenzione. C’è molto da fare, ma si deve iniziare il più presto possibile questa fondamentale rivoluzione culturale.

giovedì 4 aprile 2024

Papa Gregorio Magno: Vaticano, il giallo di Karol Wojtyla: Papa morto e...

Papa Gregorio Magno: Vaticano, il giallo di Karol Wojtyla: Papa morto e...: @ - Da « Se sbaglio mi corrigerete » a « Santo subito ». Karol Wojtyla fu eletto il 16 ottobre del 1978, viaggiò tantissimo, si rivolse sopr...